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Salone delle Guardie Svizzere:
Il grande salone, alto quasi 13 metri, che apre la visita
al Palazzo Reale di Torino ospitò per secoli le Guardie Svizzere
a protezione dell’edificio. Utilizzata spesso come sala delle feste,
presenta una complessa decorazione: il fregio, dipinto nel 1649 dalla
Bottega dei Fratelli Fea, rappresenta le Glorie Sassoni. Condottieri
e battaglie si alternando all’interno di un’architettura a trompe-l’œil
che ha lo scopo di collegare idealmente la dinastia sabauda ai fasti
del Sacro Romano Impero. Il soffitto a cassettoni e le pareti decorate
in stucco verde furono realizzate nell’Ottocento, durante il cantiere di
rinnovo voluto da Carlo Alberto e diretto dall’architetto e decoratore
bolognese Pelagio Palagi. La grande tela che campeggia sulla parete ovest
è opera del veneziano Jacopo Negretti detto Palma il Giovane: dipinta nel
1582 rappresenta la Battaglia di San Quintino, combattuta nel 1557 dal duca
Emanuele Filiberto, raffigurato sulla destra a cavallo con in mano il
bastone della vittoria. Firmata la pace di Pace di Cateau-Cambrésis nel
1559 fu proprio lui a trasferire la capitale del ducato da Chambéry a Torino,
dando inizio alla storia del Palazzo.
Sala del Trono:
al termine delle tre anticamere di rappresentanza, la Sala del Trono è il
fulcro simbolico del piano nobile di Palazzo Reale. La sua organizzazione è
frutto dell’intervento ottocentesco di Pelagio Palagi, nonostante vi si trovino
arredi e decorazioni precedenti. Sulla volta, un prezioso soffitto ligneo
ricoperto con foglia d’oro incornicia una tela dipinta nel 1662 dal pittore
fiammingo Jan Miel raffigurante il Trionfo della Pace. Il trono del sovrano è
incorniciato da un ricco baldacchino e da una balaustra in legno intagliato,
scolpito e dorato, realizzata da Francesco Bolgié nel 1789 per racchiudere il
letto di Maria Teresa d’Asburgo Lorena-Este, giovane sposa del Duca d’Aosta.
Quest’opera, ornata da putti, girali d’acanto, vasi, fiaccole e colombe, trovò
la sua prima collocazione al secondo piano del Palazzo, per essere poi trasferita
nella Sala del Trono su indicazione di Palagi. Il parquet è un vero capolavoro
di ebanisteria ottocentesca, opera dell’artista Gabriele Capello detto il Moncalvo.
Sala del Consiglio:
adibita originariamente a Camera da Letto della Duchessa, la sala è arredata con
preziosi mobili in stile eclettico disegnati da Pelagio Palagi. Il nome attuale
deriva dal Consiglio dei Ministri, che vi si riuniva a partire dal regno di Carlo
Alberto nella prima metà dell’Ottocento. Sul tavolo è esposta una riproduzione
anastatica dello Statuto Albertino, la celebre costituzione sottoscritta dal sovrano
in questa stanza il 4 marzo 1848 e rimasta in vigore fino al 1946, quando, caduta
la Monarchia e nata la Repubblica, fu varata l’attuale costituzione dello Stato Italiano.
Alle pareti alcuni dipinti raffigurano beati e beate di Casa Savoia, noti per essere
“morti in odore di santità” e celebrati come illustri antenati dinastici.
Gabinetto Cinese:
la sala conserva intatto l’assetto settecentesco, progettato dal messinese Filippo Juvarra
e portato a termine dal successore Benedetto Alfieri. Le pareti sono rivestite da una
raffinata boiserie in stile rococò, che incornicia alcune lacche orientali acquistate
sul mercato romano nel 1732. Durante la posa dei pannelli ci si rese conto che la quantità
di lacche a disposizione non sarebbe stata sufficiente a ricoprire l’intera superficie,
e si decise dunque di integrare gli originali cinesi con alcune riproduzioni realizzate
dal piemontese Pietro Massa. Sulla volta, realizzata a olio su muro dal pittore di corte
Claudio Francesco Beaumont negli anni trenta del Settecento, la decorazione principale
raffigura il Giudizio di Paride.
Armeria Reale:
questa stupefacente galleria espone le opere più preziose provenienti dalle collezioni di
armi e armature antiche raccolte dai Savoia lungo i secoli. Progettato a inizio Settecento
da Filippo Juvarra e successivamente rimaneggiato da Benedetto Alfieri, l’ambiente ospitava
anticamente i dipinti delle collezioni d’arte oggi esposti nelle sale della Galleria Sabauda.
I riquadri della volta, realizzata nel 1738 dal pittore di corte Claudio Francesco Beaumont,
rappresentano Le Storie di Enea mentre le sculture allegoriche presenti alle estremità
della galleria sono opera dei fratelli Ignazio e Filippo Collino. L’Armeria Reale fu aperta
al pubblico nel 1832 per volontà di Carlo Alberto e conserva ancora oggi la scenograficità
del suo primo allestimento.
L’armatura dei Soli:
Parure di fucili intarsiati di Ferdinando Maria di Wittelsbach:
questa parure di fucili venne realizzata nel 1650 dagli artisti delle botteghe tedesche di
Monaco, in occasione delle nozze celebrate tra Ferdinando Maria di Wittelsbach, figlio del
duca di Baviera Massimiliano I, e Enrichetta Adelaide di Savoia, sorella del duca Carlo
Emanuele II. Le armi, decorate con materiali molto preziosi quali oro, argento, madreperla
e avorio, presentano una decorazione ispirata alla mitologia antica. Il nucleo è considerato
uno degli oggetti più preziosi esposti in Armeria Reale e mostra la raffinatezza con la
quale le manifatture europee erano solite impreziosire le armi da cerimonia.
Le armature dei samurai:
Galleria del Daniel:
sul finire del Seicento l’architetto Emanuele Lanfranchi progettò l’impianto degli
appartamenti nuziali di Vittorio Amedeo II e Anna d’Orléans. La galleria, che univa le
camere da letto dei duchi, prende il nome dal pittore Daniel Saiter che decorò la volta.
Il grande affresco celebra al centro L’apoteosi di Vittorio Amedeo II, accolto da Giove
nell’Olimpo. Le pareti, rivestite di specchi, emulano il modello francese delle galeries
des glaces e riflettono la luce proveniente dalle finestre affacciate sul Giardino di
Levante, progettato dall’architetto paesaggista André Le Nôtre. La Galleria del Daniel
venne utilizzata dalla corte per i ricevimenti e per i balli fino alla prima metà
dell’Ottocento, quando Carlo Alberto modificò la funzione degli ambienti del Palazzo Reale.
Sala da Pranzo:
la sala è il risultato dell’unione di due anticamere avvenuta durante i lavori diretti da
Pelagio Palagi nella prima metà dell’Ottocento. La grande tavola apparecchiata è decorata
al centro con dei candelieri di gusto neobarocco mentre le sedute provengono dal Palazzo
Reale di Genova. Al centro della volta una tela di Claudio Francesco Beaumont ritrae a
cavallo Umberto I Biancamano, capostipite della dinastia, mentre la pittura a muro venne
eseguita da Francesco Gonin. Il raffinato parquet, con intarsi a stella e a volute, venne
integrato dall’ebanista Gabriele Capello durante il cantiere carloalbertino, omogeneizzando
le assi con la più antica sezione settecentesca visibile al fondo della sala.
Sala da Ballo:
al termine del percorso di visita, come una sorta di tempio neoclassico nel cuore
dell’edificio barocco, la Sala da Ballo fu progettata negli anni quaranta dell’Ottocento
da Pelagio Palagi per ospitare i ricevimenti della corte. Lungo le pareti 22 colonne in
marmo bianco di carrara sorreggono il grandioso soffitto a cassettoni, impreziosito da
dorature e intarsi. Al centro della volta una tela dello stesso Palagi raffigura La Danza
delle Ore mentre il fregio è ispirato agli affreschi delle domus pompeiane. L’orchestra,
sorretta da esili colonne di ghisa, era ospitata nella piccola loggia sul lato ovest della
sala, mentre l’illuminazione proveniva dagli eleganti lampadari in cristallo di Boemia.
Cappella della Sindone:
considerata universalmente uno dei capolavori del Barocco, la Cappella della Sindone è
opera del matematico e architetto Guarino Guarini, che nel 1668 assunse la direzione dei
lavori del cantiere preesistente. La cupola è concepita come un’ardita torre-reliquiario,
una spettacolare architettura con sei livelli di archi, ruotati gli uni rispetto agli altri,
che si riducono man mano che salgono convergendo nella stella del cupolino in pietra, su cui
spicca la colomba dello Spirito Santo. Per l’intreccio dei suoi diversi elementi e la cura
raffinata dei dettagli decorativi la Cappella della Sindone non ha termini di paragone nelle
esperienze dell’architettura occidentale. All’interno dell’aula si dispiega una fitta trama
di simboli: le stelle si alternano agli esagoni, forma ispiratrice della cupola e richiamo
all’empireo; le croci alludono alla redenzione dell’umanità; sui capitelli scolpiti alla
sommità dei pilastri, compaiono i fiori della passiflora (o fiore della passione), mentre
ai rami di ulivo si intrecciano corone di spine. Nel 1694 la Sindone viene trasferita
nell’altare posto al centro della cappella e progettato dall’ingegnere Antonio Bertòla.